SAN PIETRO CELESTINO

LA PERDONANZA CELESTINIANA

SPIRITUALITA' CELESTINA

La spiritualità di San Pietro Celestino

Ancor prima di essere capo di una congregazione religiosa ed ancor prima di essere pontefice, Celestino volle essere precipuamente anacoreta e, in qualità di pio eremita, il santo pontefice rimase nel cuore e nella mente dei suoi seguaci.
I suoi contemporanei, con luminosa sintesi e con commossa venerazione, ricapitolavano l'essenza e la realtà dello spirito autentico del santo nella ricerca di una solitudine abitata da Dio.

Non è possibile recuperare l'autenticità umana di Celestino, senza illuminare gli eventi più profondi della sua vita anacoretica, base e spinta originaria di ogni altra scelta ed attività.


La vita di Celestino apparve ai contemporanei come una suprema testimonianza della disciplina monastica e dell'ascesi eremitica abbracciate nel desiderio sincero di progredire nella vita spirituale e di realizzare i valori più alti della cristianità.
I più vivi aspetti dell'esperienza cristiana ed ascetica del santo, particolarmente l'amore per la solitudine e per la penitenza, nelle più antiche “Vitae”, come pure nell'”Autobiografia”, sono concretamente presentati come esperienze vissute, durante tutti i sessant'anni di vita anacoretica.
Nel nostro tempo risulta difficile comprendere fino in fondo tale vocazione; l’eremitismo, tuttavia, così come fu vissuto da fra’ Pietro, non conduce l’uomo verso forme di sprezzante misantropia perché anche in assenza di un contatto immediato e diretto con la società e con la comunità ecclesiale, Pietro non cessa, da uomo, di appartenervi in pienezza.

Ad esse egli resterà sempre legato da vincoli di profonda comunione nella fede e nella solidarietà umana.

 

 

Anzi, consacrandosi a Dio, alla cui contemplazione volge tutto il suo essere, l'eremita cristiano sa che, con Dio amore, egli è chiamato ad aprire ogni suo pensiero ed ogni orientamento esistenziale anche all'amore per le creature e per il creato.
La vita eremitica è vocazione cristiana nella misura in cui si lavora su se stessi per armonizzarsi profondamente con Dio - amore.
L' “attività” eremitica consiste proprio nel distaccarsi progressivamente dalle realtà transitorie, anche dalle più nobili, per volgersi alla purificazione ed al perfezionamento dell'amore umano perché questo possa sintonizzarsi il più possibile con l'amore di Dio creatore e redentore.


In tale attività la solitudine diviene lo strumento più adeguato proprio per poter amare meglio i fratelli.

Chi è infatti tutto in Dio, in Dio vede i propri fratelli, in Dio ama i propri fratelli, con Dio parla dei propri fratelli, a Dio si offre per loro.


Il santo, attraverso i consigli e l'orientamento spirituale nonché per mezzo di veri gesti di accoglienza, rappresentò sempre un segno forte per tutti coloro che accorrevano ad abbeverarsi alla sua sorgente di fede.
Non solo.

Pietro divenne simbolo profetico anche per l’intera comunità cristiana, la quale, nonostante egli ricercasse solitudine sempre più intensa, in momenti particolarmente difficili della propria storia lo chiamò ad assumere l'alto ruolo di pastore universale della Chiesa.

 

La scelta eremitica di Celestino ci rivela le caratteristiche della sua mistica ed ascesi, volte alla divinizzazione dell'uomo, la quale, proprio per tale ragione, possiede in sé il carattere di spiritualità cristiana.
Per Pietro, tutto il cristianesimo consiste nel vivere in Cristo la vita divina, come il Cristo ha assunto nella nostra carne la vita umana.
Tale visione cristologica fornisce il senso della scelta eremitica e del sacrificio che essa comporta.


Non c'è opposizione fra l'incarnazione del Verbo e la divinizzazione dell'uomo.

 Si tratta di un'imitazione della croce di Cristo che diviene una partecipazione alla stessa: essere crocefissi con Cristo, scendere con Lui nel silenzio e nel nascondimento della morte, essere con Lui nel sepolcro, al fine di risuscitare con Lui, di essere glorificati con Lui e di partecipare con Lui alla pienezza della vita nuova.

Se ogni uomo vuole dirsi realmente cristiano, è chiamato ad unirsi vitalmente nella fede a questo mistero.

Non fanno eccezione gli eremiti, i quali più di tutti sentono di doverlo vivere in modo diretto nella propria carne.

 

Se lo sforzo ascetico gioca un ruolo fondamentale nella vita di un eremita, associato nella morte e nella sepoltura a Cristo crocefisso, risorto e salvatore, esso non ne è tuttavia la componente principale.
Il protagonista di ogni forma autentica di vita cristiana è infatti lo Spirito del Risorto.
L'eremitismo celestiniano, dunque, è segnato con evidenza dalla certezza di essere opera e dono dello Spirito.

 

È lo Spirito a divinizzare e a rendere Dio vivente nell'uomo.

È la voce suadente ed invincibile dello Spirito che convoca i fratelli di Celestino alla condivisione del suo ideale di vita solitaria.
Lo spartano eremo del Morrone sembra divenire il paradiso delle delizie: luogo di aspri scontri e di forti battaglie spirituali, ma anche scuola di virtù cristiane forgiate dalla penitenza, dalla preghiera e dalla carità.
Quello dell’eremo del Santo Spirito diventa il sepolcro dei vizi ed il giardino di resurrezione dell'amore puro.

Il Monte Maiella sembra richiamare il Sinai, dove Mosè si ritirò lungamente in solitudine per ricevere la legge di Dio.


La freschezza semplice ed umile dell’ “Autobiografia” di San Pietro Celestino ci invita a ricordare “il più grande fra i nati di donna”, Giovanni Battista, precursore del Messia, che nel deserto si preparava alla sua missione profetica.

Condotto dallo Spirito nel deserto lo stesso Gesù, con il digiuno di quaranta giorni, vinse le insidie dell’antico tentatore, insegnandoci così a dominare le seduzioni del peccato.


Lo Spirito Santo, operatore di meraviglie, è colui che suscita in molteplici modi quella fame autentica di Dio che distoglie l'orecchio dalle parole umane e fa avvertire la voce del Padre, che chiama a forme di donazione impensate, specie se commisurate alla debolezza delle forze fisiche.
Lo Spirito, generatore di santità nella Chiesa, chiama in diverse modalità Celestino e i suoi seguaci alle più alte vette della contemplazione per elevarsi dalle realtà terrene a quelle celesti.
La vita eremitica vissuta e anche condivisa nel solco dello Spirito diventa, nell'esperienza celestiniana, specchio dell'anima che in Dio si sazia di ogni mancanza, togliendo ciò che è superfluo, raddrizzando ciò che è storto, abbellendo ciò che è deforme.

 

 

La cella dell'eremita è, allora, quasi come il sepolcro di Cristo, che riceve i morti nel peccato e per mezzo dello Spirito Santo li risuscita in Dio.

L'eremo celestiniano diviene “talamo nuziale, in cui l'anima si unisce allo sposo celeste con l'anello che riceve dallo Spirito Santo”.